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Quello dei deepfake è un fenomeno (purtroppo) molto diffuso: si tratta infatti di immagini e video di personaggi pubblici, di cui è quindi disponibile una grandissima quantità di materiale online, manipolati da intelligenze artificiali per fargli “dire” o “fare” delle cose non vere.
Ad oggi le vittime più famose del ‘deepfake’ sono personalità come il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump, Nancy Pelosi e Mark Zuckerberg. In Italia il programma satirico “Striscia la notizia” ha di recente mostrato agli spettatori gli effetti di questa tecnologia, mandando in onda un video che aveva come protagonista l’ex premier Matteo Renzi.
Per contrastare questo fenomeno, da Mountain View hanno pensato bene di giocare ad armi pari, creando un apposito database in grado di smascherare questa tecnica, usando gli stessi mezzi utilizzati dai creatori dei video fake. All’interno del catalogo Google sono disponibili infatti diversi filmati deepfake, generati proprio per allenare i meccanismi di riconoscimento e consentirgli di individuare e bloccare tutti i video di questo tipo.
I deepfake sono nati durante un esperimento dell’Università di Washington nel 2017 ma adesso si stanno trasformando in qualcosa di molto pericoloso. Poche settimane fa, ad esempio, è stata manipolata la voce di un amministratore delegato tedesco per rubare 250mila dollari alla sua azienda.
Tra i partner del progetto di Google va citato anche un team dell’Università Federico II di Napoli. Il gruppo guidato dalla professoressa Luisa Verdoliva ha contribuito all’operazione svolgendo importanti ricerche e facendo un’attenta catalogazione dei video per aiutare Google a creare il database “trappola”.
Questo ampio set di dati di deepfake visivi prodotto da Google sarà fondamentale per mettere un freno a questo fenomeno e rendere le intelligenze artificiali ancora più efficienti nell’individuarli in modo automatico.
Gli analisti di Mountain View hanno fatto sapere che entro la fine dell’anno prossimo i video creati con la tecnica ‘deepfake’ raggiungeranno un livello qualitativo talmente alto da rendere praticamente impossibile ai nostri occhi capire la differenza tra realtà e finzione. La battaglia si svolgerà quindi tra le macchine, probabilmente creando delle tecniche integrate tra machine learning e specifici software in grado di bloccare questi video in maniera automatizzata. La speranza è che il database di Google possa accelerare i processi e aiutare a far rientrare l’allarme quanto prima.