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Lavorare per Google è il sogno di tutti i programmatori. Ma come fare per candidarsi? Inviare un curriculum in risposta ad un semplice “We’re hiring!” non sembra proprio una procedura che si addica alla creatività di Google, che in fatto di anticonformismo certo non scherza. Soprattutto perché ciò che Google cerca nei suoi potenziali collaboratori non è l’astrattezza delle classiche frasi da curriculum, ma quella stessa inventiva che contraddistingue Big G. sin dagli esordi.
Da circa un anno del resto è stata rivelata l’esistenza di Foobar, tool di recruiting di cui Google si serve per selezionare i più creativi, competenti e determinati tra gli sviluppatori, meglio ancora se esperti del linguaggio di programmazione Python, quello preferito da Google. In gergo informatico il termine foobar è un po’ l’equivalente di quello che nel linguaggio comune si intende con “Tizio e Caio”, sta cioè a indicare una variabile generica. Impiegati di Google intervistati al riguardo hanno risposto di non saperne nulla.
Se noi comuni mortali proviamo a visitare la pagina Foobar di Google e ad effettuare il login, compare un messaggio enigmatico: “To login, you have to have logged in before. Confused? Search on…”, e poi si viene reindirizzati alla pagina di ricerca di Google.
Ma cosa significa? Per capire su quali criteri si basi la misteriosa procedura di reclutamento di talenti di Google basta leggere la storia di Max Rosett, neoassunto tra gli ingegneri di Mountain View.
Desideroso di dare una svolta alla sua carriera, Rosett, matematico con un’esperienza da consulente gestionale, decide di prendere una seconda laurea in ingegneria informatica.
Qualche mese fa, nel pieno della formazione e quindi non ancora del tutto pronto per un ruolo ingegneristico operativo, mentre è alle prese con un progetto accademico Rosett si trova ad effettuare su Google la seguente ricerca in merito al linguaggio Python: “Python lambda function list comprehension”.
Prima si apre la normale pagina con i risultati della ricerca, poi, improvvisamente, qualcosa di decisamente non comune ha inizio. La pagina si ripiega all’indietro dividendosi in due per lasciare spazio ad un messaggio del tipo “Tu parli la nostra stessa lingua. Interessato ad una sfida?”. Dopo un attimo di sbalordimento, Rosett decide di proseguire ed è allora che viene dirottato su Foobar, una pagina di solo testo a sfondo nero simile all’interfaccia UNIX
Qui digita una serie di comandi necessari per richiedere una sfida e nonostante a questo punto si aspetti di leggere un’altra frase del tipo “Segui il bianconiglio, Max” – come lui stesso ha dichiarato – e di venire catapultato in un universo parallelo stile Matrix, la sfida comincia per davvero.
Una sfida di programmazione, per l’esattezza: un problema da risolvere entro 48 ore che richiede competenze di codice, Python oppure Java. Rosett ne impiega solo 2, la sua soluzione viene testata da Foobar e, ottenuta l’approvazione, il gioco continua. L’ingegnere chiede nuove sfide e, nel giro di una settimana, risolve altri sei problemi.
Alla fine del sesto quesito Foobar chiede a Rosett la disponibilità a fornire i suoi contatti, numero di telefono e indirizzo email, dopo un paio di giorni riceve un messaggio di posta elettronica con la richiesta del curriculum ed è solo a questo punto che viene contattato telefonicamente per fissare un incontro.
Messo piede nel quartier generale di Google a Mountain View, Rosett ha la certezza di non essere vittima di uno scherzo. Qui viene invitato a risolvere altri problemi alla lavagna e finalmente, dopo due settimane, la buona notizia: gli viene offerto di entrare a far parte del team Google.
Trascorsi 3 mesi da quella fatidica ricerca sul web e dalla prima misteriosa domanda comparsa sullo schermo del computer, in un momento della sua vita in cui non era alla ricerca di un lavoro né tantomeno pensava di lavorare per Google, Max Rosett diventa un Googler. In questi mesi di test, Google ha sempre rispettato la sua privacy e lo ha contattato direttamente solo dopo aver avuto la certezza della sua abilità con i linguaggi di programmazione.
Ecco allora svelato il segreto per essere assunti da Big G.: non siamo noi che dobbiamo cercarlo, ma è lui a dover trovare noi. E l’unico modo perché ciò avvenga è risvegliare la sua attenzione con una ricerca memorabile compiuta nel suo motore di ricerca.
Che ne dite? Pronti alla sfida?