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Il cellulare fa male al sonno: arriva la ricerca di Frontiers in Public Health

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Che gli smartphone siano nemici del sonno è cosa nota e la relazione tra questo e i dispositivi elettronici luminosi in genere è oggetto di un numero sempre maggiore di studi in ambito medico

Nuova conferma della dannosità di smartphone & co. proviene da una ricerca inglese pubblicata lo scorso 13 ottobre sulla rivista scientifica Frontiers in Public Health con il titolo Bigger, Brighter, Bluer-Better? Current light-emitting devices – adverse sleep properties and preventative strategies, condotta da un team di quattro ricercatori del St Thomas’ Hospital di Londra e della University of Surrey di Guildford, nel Regno Unito.

Lo studio in realtà presuppone l’evidenza dell’influsso nocivo dei dispositivi luminosi sul sonno come premessa incontrovertibile e va oltre, proponendosi di valutarne in primo luogo l’entità e, in secondo luogo, l’impatto delle diverse strategie messe in campo per contrastarlo.

I display dei dispositivi di cui facciamo quotidianamente uso, i cosiddetti light-emitting (LE) devices, al fine di accrescere il proprio rendimento in termini di luminosità e contrasto, producono emissioni luminose a bassa lunghezza d’onda, quindi principalmente di colore blu.

Queste sono responsabili di disturbi del sonno perché soffocano la produzione di melatonina, che si avvia nel nostro organismo al diminuire della luce e ci aiuta a prendere sonno. In conseguenza di ciò, vigilanza e lucidità mentale tendono ad aumentare nell’eventualità in cui, prima di addormentarci, ci soffermiamo a guardare lo schermo dei nostri dispositivi.

La ricerca è stata condotta su tre diversi device: un tablet (iPad Air), un e-reader (Kindle Paperwhite di prima generazione) e uno smartphone (iPhone 5s). Di ciascuno è stata misurata la potenza luminosa al momento della visualizzazione della stessa cosa sui loro display: il popolare gioco Angry Birds o, in alternativa, solo testo.

Gli spettri luminosi si sono rivelati in entrambi i casi molto simili nei tre dispositivi, ma nel caso della visualizzazione di solo testo la lunghezza d’onda delle emissioni è apparsa minore, il che significa che la luce blu è risultata più intensa.

In una seconda fase della ricerca sono state testate due diverse strategie di riduzione delle emissioni luminose a bassa lunghezza d’onda: un paio di semplici occhiali con lenti arancioni, in grado di bloccare i raggi blu, e un’app disegnata appositamente per essere “sleep-aware”, cioè capace di settare il dispositivo in bedtime mode e trasformare le emissioni dello schermo da blu e verdi a gialle e rosse, oltre che di ridurle d’intensità.

Entrambe le strategie si sono rivelate ottimali nella diminuzione delle emissioni luminose a lunghezza d’onda minore.

La conclusione della ricerca è, per riprenderne il titolo, che gli schermi “bigger, brighter e bluer” dei più recenti dispositivi non sono affatto i migliori: l’auspicio è che nel futuro si realizzino software che permettano all’hardware dei nostri device di assumere al calar del sole una modalità notturna, meno dannosa per il nostro organismo.

Qualcosa in questa direzione si è già mosso. In ambito desktop si ha già l’applicazione f.lux, mentre in ambiente Android il fondatore di Cyanogen, Steve Kondik, ha lanciato di recente LiveDisplay, una nuova funzionalità disponibile per la versione 12.1 del Cyanogen OS.

Con questa nuova feature lo schermo riduce le emissioni di colore blu al diminuire della luce esterna, per poi tornare normale al sorgere del sole. Inoltre in condizioni di luminosità estrema, ad esempio sotto il sole, LiveDisplay regola luminosità e contrasto dello schermo al fine di renderlo più leggibile.