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La nanotecnologia è quella branca della scienza, nata intorno alla fine degli anni ‘50, che si occupa di sviluppare, utilizzare e controllare materiale infinitamente piccolo: un miliardesimo di metro (ovvero da uno a cento nanometri). Sì tratta di uno spazio talmente minuscolo che anche un acaro avrebbe problemi di mobilità! Ma com’è nata questa affascinante disciplina? Come si è sviluppata? Quali sono i suoi principali ambiti applicativi? Di questo, e di altre curiosità, parleremo in questo articolo. Buona lettura!
Se oggi è possibile parlare di nanotecnologia lo si deve soprattutto allo scienziato statunitense Richard Feynman. Fu lui che, nel 1959, all’interno del discorso intitolato “There’s Plenty of Room at the Bottom” (“C’è un sacco di spazio giù in fondo“) teorizzò la possibilità di sviluppare strumenti e macchine utensili incredibilmente piccole, arrivando a dichiarare “un giorno l’intera enciclopedia britannica potrebbe essere trascritta su una testa di spillo”.
Il suo metodo è passato alla storia con il nome di “scale down”. Si trattava di progettare macchine utensili in scala 1: 10, quindi utilizzarle per costruirne altre di dimensioni ancora più ridotte (1:100), e così via.
Fino al 1986 la nanotecnologia non aveva un nome e a coniare il termine fu l’ingegnere americano Kim Eric Drexler. Nel libro “Engines of Creation: The Coming era of Nanotechnology” spiegò il concetto di autoreplicazione: così come le cellule si autoriproducono, altrettanto potrebbero fare i robot molecolari costruiti dall’uomo.
Una dinamica destinata ad avere un positivo impatto economico. I costi sarebbero destinati principalmente alla realizzazione del primo robot molecolare, capace di riprodursi autonomamente, rendendo perciò irrisori gli investimenti successivi.
Negli ultimi venticinque anni le nanotecnologie hanno conosciuto uno straordinario successo. Basti pensare che a cavallo degli anni ‘90 e primi del 2000, i brevetti basati su questa disciplina sono pressoché triplicati. Nel 1995 erano stati 950, nel 2000 furono 1600, tre anni dopo ben 2600.
Ma quali sono gli ambiti applicativi di questa branca?
Vediamo i principali.
Quello dell’edilizia è uno degli ambiti in cui le nanotecnologie sono state maggiormente utilizzate. Alcuni esempi? Calcestruzzi ad alta resistenza, materiali autopulenti, anticorrosione, ma anche il cosiddetto cappotto nanotecnologico o cappotto termico, in grado di evitare la dispersione di calore all’interno dell’appartamento con l’indubbio vantaggio di contenere consumi e conseguenti costi.
Quello tra Nanotecnologie e auto è un connubio che sta diventando via via sempre più saldo. Il settore automotive sfrutta la disciplina per rendere le carrozzerie più performanti: il trattamento di lucidatura con nanotecnologia rende l’esterno delle vetture maggiormente resistente all’invecchiamento e allo sporco.
Da segnalare, inoltre, “Sunny”, il motore molecolare realizzato dall’Università di Bologna (team del professor Vincenzo Balzani) capace di effettuare 60mila giri al minuto. La stessa equipe nel 2004 aveva progettato nanospider, un ascensore a forma di ragno superveloce.
La medicina è un settore investito negli ultimi decenni da importanti evoluzioni, come quella della telemedicina. La nanotecnologia in questo ambito sta favorendo la cosiddetta medicina di precisione. In oncologia, ad esempio, la nanotecnologia consente di individuare la formazione di neoplasie con precisione elevatissima.
Ma non è tutto, in ambito farmaceutico si sta lavorando a nanoparticelle capaci di trasportare il farmaco all’interno dell’organismo, esattamente nel punto dove è necessaria la sua applicazione.
Le nanoparticelle hanno invaso la nostra vita quotidiana più di quanto si possa immaginare, basti pensare ai dentifrici superpulenti basati su questa tecnologia oppure a creme solari che da un lato proteggono dai raggi UV e dall’altro non intaccano l’abbronzatura, ancora a superfici antigraffio utilizzate su smartphone, orologi, occhiali etc.
Vale la pena citare inoltre il tessuto Goretex, dotato di buchi invisibili a occhio nudo, ventimila volte più piccoli delle particelle d’acqua. Ci sono poi tessuti idrorepellenti, antistatici, antibatterici etc. che sono altri tipici esempi delle nanotecnologie applicate nell’ambito tessile. Anche il mondo dello sport, soprattutto quello ad altissimi livelli, ne fa largo uso.
Un’ultima applicazione delle nanotecnologie interessante da citare è quella della Utility Fog. Si tratta di un materiale intelligente polimorfo (al momento ancora in fase di studio) costituito da un insieme di nano robot capaci di modificare forma e proprietà per dare vita a strumenti macro via via diversi in base alle necessità del consumatore. Un esempio? Una posata che può convertirsi in forchetta, cucchiaio o coltello a seconda della necessità.
La nanotecnologia sembrerebbe proprio la branca della scienza capace di spingere l’umanità verso un futuro tecnologico che non rinuncia all’etica. Ma è davvero così?
Come tutte le innovazioni, anche le nanotecnologie non trovano tutti d’accordo. Questa branca della scienza si scontra con grandi timori relativi alle sue possibili applicazioni.
Non sono pochi a temere una fuga in avanti della tecnologia tale da riproporre un Hal 9000 di kubrickiana memoria, ossia tecnologie tanto potenti da sfuggire alle stesse mani che le hanno create.
Una interessante indagine condotta dall’Università del Wisconsin ha rilevato che i Paesi professanti una fede religiosa sarebbero quelli più preoccupati in particolare per le possibili applicazioni in ambito Ogm.
Non è mancato poi chi sulla questione ha espresso notevoli dubbi evidenziando che le nanotecnologie potrebbero essere sfruttate in ambito militare, ad esempio per realizzare armi di distruzione di massa capaci di autoreplicarsi, quindi molto più potenti ed economiche rispetto alle attuali.
Le potenzialità e gli approcci attuali che vedono protagoniste le nanotecnologie sembrano virtuosi, ma solo il futuro potrà dirci qualcosa in merito.
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