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Ormai ci siamo abituati un po’ tutti ma, al momento del lancio, il 9 ottobre 2014, chi di noi non si è chiesto per quale motivo Apple Watch non fosse stato chiamato iWatch? Per qualche tempo si è addirittura temuto che con il suo primo orologio smart Apple avesse voluto dire addio alla “i”, il suo prefisso distintivo. Ipotesi su ipotesi sono state avanzate da schiere di geek appassionati dei prodotti della mela di Cupertino.
La realtà, però, è che un iWatch esiste già, ed è un’applicazione, pensate un po’, ideata da una startup italiana! Probendi, fondata negli Stati Uniti e poi trasferitasi in Irlanda. E, tanto per aggiungere al danno anche la beffa, si tratta di un’app per Android, non distribuita tramite piattaforma Google Play, bensì solo ai clienti diretti, ma pur sempre disponibile solo per il sistema operativo grande rivale di Apple.
L’idea più efficace e immediata per il nome del suo smartwatch è insomma stata soffiata ad Apple nientemeno che da un italiano, fondatore della startup, Daniele Di Salvo, che ha depositato il marchio il 3 agosto 2008. iWatch è un’app che rientra nel settore della sicurezza ed è impiegata nel sistema di gestione delle emergenze Critical Governance: è usata, ad esempio, dalla polizia della città di Vercelli per inviare foto segnaletiche via smartphone alla sede centrale.
Per Apple e il suo smartwatch, però, non finisce qui. Di Salvo, infatti, ha dichiarato di essere impegnato nella realizzazione di un wearable device che si chiamerà proprio iWatch, con cui intende provocare ancor di più Tim Cook & co. proprio sullo stesso terreno dell’Apple Watch. L’iWatch di Probendi sarà dotato di GPS e accelerometro per rilevare e fornire dati sulla salute di chi lo indossa e, neanche a dirlo, supporterà il sistema operativo Android. L’obiettivo di Di Salvo è di battere la concorrenza dell’Apple Watch sul terreno dei prezzi: vorrebbe trovare un produttore in Cina che gli permetta di abbatterli.
Vi state chiedendo se Apple ha tentato di reagire in qualche modo alla provocazione del fondatore di Probendi? A differenza della battaglia intentata, anche se invano, contro Amazon, che ha scelto il nome “App Store” per il suo negozio di applicazioni, no, stavolta Apple ha rinunciato in partenza a far valere la proprietà della sua inconfondibile “i”.
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